Il «credo» di Paolo VI
Tra il 1967 e il 1968, Paolo VI (papa dal 1963 al 1978) , in occasione
del diciannovesimo centenario del martirio degli apostoli Pietro e Paolo,
decise di indire un “Anno della Fede”. Le celebrazioni si conclusero in piazza
San Pietro, il 30 giugno 1968, con una solenne professione di fede: il “Credo
del popolo di Dio”. Il testo di questo Credo ricalca quello formulato al
Concilio di Nicea (325 d.C.) – che si recita in ogni messa – ma con importanti
complementi e sviluppi. Fu il filosofo francese e amico personale del papa
Jacques Maritain (1882-1973) a scrivere la traccia del Credo che poi Paolo VI
rivide e pronunci in un’omelia solenne a Piazza San Pietro il 30 giugno 1968.
Questo il testo integrale del
“Credo del popolo di Dio” pronunciato solennemente da Paolo VI nel 1968,
ricavato dal sito della Santa Sede.
PROFESSIONE DI FEDE
Noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo,
creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita
fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì
angeli (Cfr. Dz.-Sch. 3002), e Creatore in ciascun uomo dell’anima
spirituale e immortale.
Noi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella
sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni, nella sua
onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua provvidenza, nella sua
volontà e nel suo amore. Egli è Colui che è, come Egli stesso lo ha
rivelato a Mosè (Cfr. Ex. 3, 14); ed Egli è Amore, come ce lo
insegna l’Apostolo Giovanni (Cfr. 1 Io. 4, 8): cosicché questi due nomi,
Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa Realtà divina di Colui, che
ha voluto darsi a conoscere a noi, e che «abitando in una luce inaccessibile»
(Cfr. 1 Tim. 6, 16) è in Se stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le
cose e di ogni intelligenza creata. Dio solo può darci la conoscenza giusta e
piena di Se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui
eterna vita noi siamo chiamati per grazia di Lui a partecipare, quaggiù
nell’oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpetua, l’eterna vita.
I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le tre Persone, le quali sono
ciascuna l’unico e identico Essere divino, sono le beata vita intima di Dio tre
volte santo, infinitamente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire
secondo l’umana misura (Cfr. Dz-Sch. 804). Intanto rendiamo grazie alla
Bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi,
davanti agli uomini, l’Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della
Santissima Trinità.
Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al
Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona
increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore. In tal
modo, nelle tre Persone divine, coaeternae sibi et coaequales (Dz-Sch.
75), sovrabbondano e si consumano, nella sovreccellenza e nella gloria proprie
dell’Essere increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e
sempre «deve essere venerata l’Unità nella Trinità e la Trinità nell’Unità» (Dz-Sch.
75).
Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il
Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre
consustanziale, homoousios to Patri (Dz-Sch. 150); e per mezzo di
Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno
della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la
divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità (Cfr. Dz.-Sch. 76), ed
Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature ma per
l’unità della persona Cfr. Ibid.).
Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha
annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Sé ci ha fatto conoscere il
Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli uni gli altri
com’Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo:
povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della
giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione
sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio
che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce,
salvandoci col suo Sangue Redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio
potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla
partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al
Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti,
ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che
hanno risposto all’Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco
inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto.
E il suo Regno non avrà fine.
Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita; che è
adorato e glorificato col Padre e col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei
profeti, ci è stato inviato da Cristo dopo la sua Resurrezione e la sua
Ascensione al Padre; Egli illumina, vivifica, protegge e guida la Chiesa, ne
purifica i membri, purché non si sottraggano alla sua grazia. La sua azione,
che penetra nell’intimo dell’anima, rende l’uomo capace di rispondere
all’invito di Gesù: «Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste» (Matth.
5, 48).
Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo
Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo (Cfr. Dz.-Sch. 251-252) e
che, a motivo di questa singolare elezione, Ella, in considerazione dei meriti
di suo Figlio, è stata redenta in modo più eminente (Cfr. Lumen gentium, 53), preservata da ogni macchia
del peccato originale (Cfr. Dz.-Sch. 2803) e colmata del dono della
grazia più che tutte le altre creature (Cfr. Lumen gentium, 53).
Associata ai Misteri della Incarnazione e della Redenzione con un
vincolo stretto e indissolubile (Cfr. Lumen gentium, 53, 58, 61), la Vergine
Santissima, l’Immacolata, al termine della sua vita terrena è stata elevata in
corpo e anima alla gloria celeste (Cfr. Dz.-Sch. 3903) e configurata a
suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti; e noi
crediamo che la Madre Santissima di Dio, Nuova Eva, Madre della Chiesa (Cfr. Lumen gentium, 53, 56, 61, 63; cfr. Pauli VI, Alloc.
in conclusione III Sessionis Concilii Vat. II: A.A.S. 56, 1964, p.
1016; Exhort. Apost. Signum Magnum, Introd.), continua in Cielo il
suo ufficio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e
allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti (Cfr. Lumen gentium, 62; Pauli VI, Exhort. Apost. Signum Magnum, p. 1, n. 1).
Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la
colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti
gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e
che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori,
costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l’uomo non conosceva né il
male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che
la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio
della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che
ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento,
che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, «non per
imitazione, ma per propagazione», e che esso pertanto è «proprio a ciascuno» (Dz-Sch.
1513).
Noi crediamo che nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della
Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali
commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che - secondo la parola
dell’Apostolo - «là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la
grazia» (Rom. 5, 20).
Noi crediamo in un sol Battesimo istituito da Nostro Signor Gesù Cristo
per la remissione dei peccati. Il battesimo deve essere amministrato anche ai
bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato
personale, affinché essi, nati privi della grazia soprannaturale, rinascano
«dall’acqua e dallo Spirito Santo» alla vita divina in Gesù Cristo (Cfr. Dz-Sch.
1514).
Noi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, edificata
da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro. Essa è il Corpo mistico di
Cristo, insieme società visibile, costituita di organi gerarchici, e comunità
spirituale; essa è la Chiesa terrestre, Popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e
la Chiesa ricolma dei beni celesti; essa è il germe e la primizia del Regno di
Dio, per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l’opera e
i dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del
tempo, nella gloria (Cfr. Lumen gentium, 8 e 5). Nel corso del tempo, il
Signore Gesù forma la sua Chiesa mediante i Sacramenti, che emanano dalla sua
pienezza (Cfr. Lumen gentium, 7, 11). È con essi che la
Chiesa rende i propri membri partecipi del Mistero della Morte e della
Resurrezione di Cristo, nella grazia dello Spirito Santo, che le dona vita e
azione (Cfr. Sacrosanctum Concilium, 5, 6; Lumen gentium, 7, 12, 50). Essa è dunque
santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede
altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi
membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e
nei disordini, che impediscono l’irradiazione della sua santità. Perciò la
Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui peraltro ha il potere di
guarire i suoi figli con il Sangue di Cristo ed il dono dello Spirito Santo.
Erede delle promesse divine e figlia di Abramo secondo lo spirito, per
mezzo di quell’Israele di cui custodisce con amore le Scritture e venera i
Patriarchi e i Profeti; fondata sugli Apostoli e trasmettitrice, di secolo in
secolo, della loro parola sempre viva e dei loro poteri di Pastori nel
Successore di Pietro e nei Vescovi in comunione con lui; costantemente
assistita dallo Spirito Santo, la Chiesa ha la missione di custodire,
insegnare, spiegare e diffondere la verità, che Dio ha manifestato in una maniera
ancora velata per mezzo dei Profeti e pienamente per mezzo del Signore Gesù.
Noi crediamo tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o
tramandata, e che la Chiesa propone a credere come divinamente rivelata sia con
un giudizio solenne, sia con il magistero ordinario e universale (Cfr. Dz-Sch.
3011). Noi crediamo nell’infallibilità, di cui fruisce il Successore di Pietro,
quando insegna ex cathedra come Pastore e Dottore di tutti i fedeli
(Cfr. Dz.-Sch. 3074), e di cui è dotato altresì il Collegio dei vescovi,
quando esercita con lui il magistero supremo (Cfr. Lumen gentium, 25).
Noi crediamo che la Chiesa, che Gesù ha fondato e per la quale ha
pregato, è indefettibilmente una nella fede, nel culto e nel vincolo della
comunione gerarchica. Nel seno di questa Chiesa, sia la ricca varietà dei riti
liturgici, sia la legittima diversità dei patrimoni teologici e spirituali e
delle discipline particolari lungi dal nuocere alla sua unità, la mettono in
maggiore evidenza (Cfr. Lumen gentium, 23; cfr. Orientalium Ecclesiarum, 2, 3, 5, 6).
Riconoscendo poi, al di fuori dell’organismo della Chiesa di Cristo,
l’esistenza di numerosi elementi di verità e di santificazione che le
appartengono in proprio e tendono all’unità cattolica (Cfr. Lumen gentium, 8), e credendo alla azione
dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l’amore per
tale unità (Cfr. Lumen gentium, 15), Noi nutriamo speranza che
i cristiani, i quali non sono ancora nella piena comunione con l’unica Chiesa,
si riuniranno un giorno in un solo gregge con un solo Pastore.
Noi crediamo che la Chiesa è necessaria alla salvezza, perché Cristo,
che è il solo Mediatore e la sola via di salvezza, si rende presente per noi
nel suo Corpo, che è la Chiesa (Cfr. Lumen gentium, 14). Ma il disegno divino della
salvezza abbraccia tutti gli uomini: e coloro che, senza propria colpa,
ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma cercano sinceramente Dio e
sotto l’influsso della sua grazia si sforzano di compiere la sua volontà
riconosciuta nei dettami della loro coscienza, anch’essi, in un numero che Dio
solo conosce, possono conseguire la salvezza (Cfr. Lumen gentium, 16).
Noi crediamo che la Messa, celebrata dal Sacerdote che rappresenta la
persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell’Ordine, e da
lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo mistico, è il
Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi
crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell’ultima Cena
sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero
stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino
consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo
gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del
Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è
una presenza vera, reale e sostanziale (Cfr. Dz.-Sch. 1651).
Pertanto Cristo non può essere presente in questo Sacramento se non
mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stessa del pane e mediante
la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono
immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi.
Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai
appropriata, transustanziazione. Ogni spiegazione teologica, che tenti
di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede
cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente
dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la
consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del
Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del
pane e del vino (Cfr. Dz-Sch. 1642, 1651-1654; Pauli VI, Litt. Enc. Mysterium Fidei), proprio come il Signore ha
voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all’unità del suo
Corpo Mistico (Cfr. S. Th. III, 73, 3).
L’unica ed indivisibile esistenza del Signore glorioso nel Cielo non è
moltiplicata, ma è resa presente dal Sacramento nei numerosi luoghi della terra
dove si celebra la Messa. Dopo il Sacrificio, tale esistenza rimane presente
nel Santo Sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna
delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare
nell’Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi non
possono vedere e che, senza lasciare il Cielo, si è reso presente dinanzi a
noi.
Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di
Cristo, non è di questo mondo, la cui figura passa; e che la sua vera crescita
non può esser confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della
tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le
imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni
eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio, e nel
dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini. Ma
è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero
bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che
essi non hanno quaggiù stabile dimora, essa li spinge anche a contribuire -
ciascuno secondo la propria vocazione ed i propri mezzi - al bene della loro
città terrena, a promuovere la giustizia, la pace e la fratellanza tra gli
uomini, a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri
e ai più bisognosi. L’intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per
le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi
e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser
loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in Lui,
unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non può mai significare che la Chiesa
conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l’ardore
dell’attesa del suo Signore e del Regno eterno.
Noi crediamo nella vita eterna. Noi crediamo che le anime di tutti
coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora esser
purificate nel Purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo
siano accolte da Gesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone,
costituiscono il Popolo di Dio nell’aldilà della morte, la quale sarà
definitivamente sconfitta nel giorno della Resurrezione, quando queste anime
saranno riunite ai propri corpi.
Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite intorno a
Gesù ed a Maria in Paradiso, forma la Chiesa del Cielo, dove esse nella
beatitudine eterna vedono Dio così com’è (Cfr. 1 Io. 3, 2; Dz.-Sch.
1000) e dove sono anche associate, in diversi gradi, con i santi Angeli al
governo divino esercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi ed aiutando
la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine (Cfr. Lumen gentium, 49).
Noi crediamo alla comunione tra tutti i fedeli di Cristo, di coloro che
sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la propria
purificazione e dei beati del Cielo, i quali tutti insieme formano una sola
Chiesa; noi crediamo che in questa comunione l’amore misericordioso di Dio e
dei suoi Santi ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo la parola di
Gesù: Chiedete e riceverete (Cfr. Luc. 10, 9-10; Io. 16,
24). E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la resurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà.
Sia benedetto Dio Santo, Santo, Santo. Amen.
*Insegnamenti
di Paolo VI, vol. VI, 1968, pp. 300-310.
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